Bioedilizia

Il termine bioedilizia si riferisce alla disciplina detta "Baubiologie", (“studio della vita o degli esseri viventi in relazione alle costruzioni”), nata in Germania grazie agi studi condotto dal dott. Palm e introdotta nel 1976 dal prof. Anton Shneider, fondatore dell'Istituto di biologia edile presso Neubern (Monaco di Baviera).
La bioedilizia investe i differenti aspetti del costruire e dell’abitare ed ha, come finalità, lo studio, la progettazione e la realizzazione di edifici che soddisfino le esigenze fisiche, biologiche e spirituali di chi vi abita; si tratta di un approccio progettuale rispettoso dell'equilibrio tra ambiente (risorse disponibili) – salute (modo di abitare) – architettura (modalità progettuali e costruttive).

E’ comunque evidente che diversi aspetti della bioedilizia, di cui oggi ci interessiamo, sono stati alla base del buon costruire nei secoli passati e sono il risultato della saggezza di generazioni di costruttori che hanno affinato nel tempo la scelta dei materiali, le tecniche realizzative ed i metodi progettuali in stretto rapporto con le disponibilità e le risorse locali, con i fattori socio-culturali ed economici, con le situazioni climatiche ed ambientali.
Infatti, fino all’avvento della società industriale, i materiali e le finiture impiegate nelle costruzioni, soprattutto nelle architetture spontanee e vernacolari erano di origine naturale. In seguito, l'industrializzazione ed il contributo della chimica hanno immesso nel mercato delle costruzioni centinaia dl nuovi materiali, che avrebbero dovuto perfezionare l'abitare ed il costruire ma che, in realtà, ne hanno reso più difficile il controllo di qualità e la rispondenza alle esigenze degli abitanti.

Dal dopoguerra ad oggi, la crescita del settore delle costruzioni e la disponibilità di nuovi materiali di basso costo (cementi d’altoforno, gesso da desolforazione, materiali isolanti a base di urea-formaldeide, collanti bicomponenti ad alto contenuto di VOC, vernici a base di solventi come idrocarburi clorurati, xiloli, toluene, etc), ha portato ad uno smisurato impiego di componenti edilizi artificiali, riducendo a circa il 20% del totale l’impiego di quelli tradizionali come, ad esempio,l’argilla cruda, la calce, il cocciopesto, la caseina, il legno, il sughero, la paglia, le fibre di cellulosa, di canna palustre e di canapa, il lino e le vernici di origine vegetale.
Certo, non è sempre vero che la naturalità sposi la tutela dell’ambiente e la salute delle persone: basta fare l’esempio della lana minerale, una fibra naturale ma pericolosa e cancerogena per inalazione (vedi “Inquinamento indoor linee guida”), oppure della fibra di legno anch'essa naturale, la cui produzione richiede però una grande quantità di energia (circa 1500 Kwh/mc).
In questo campo, infatti, è molto facile cadere in equivoci e molti prodotti, che si autodichiarano “bio-ecologici”, di ecologico e di biocompatibile non hanno nient’altro se non la propria “comunicazione”, che spesso mette in risalto dettagli insignificanti al fine di catturare i consumatori più sensibili.

Quindi il risultato finale è l'inquinamento diffuso che mette in serio pericolo la stessa sopravvivenza del genere umano, basti pensare che, secondo alcuni dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, solo il 5% dei prodotti usati in edilizia risulta “innocuo” per l’uomo.

Per questo la casa deve essere capace di “respirare”, di avere cioè continui interscambi d'aria al fine di fornire un ambiente interno salubre, che non arrechi alcuna perturbazione agli individui che vi dimorano. In definitiva, il benessere ambientale di un individuo che si trovi all’interno di un'abitazione, può dipendere da diversi fattori, come quelli di natura termoigrometrica, di natura chimico-emissiva e radio-emissiva, di natura respiratoria, olfattiva, tattile, di percezione, etc: l’alterazione dei valori di uno dei parametri citati implica, necessariamente, l’alterazione delle condizioni globali di salubrità e, quindi, di comfort ambientale.

Oltre a questo, è necessaria un’attenta analisi dell’intero ciclo di vita del prodotto (LCA), che consente di studiare l’impatto complessivo, dal momento dell’estrazione delle materie prime utilizzate, fino al suo smaltimento e all’eventuale riciclaggio, passando attraverso i costi ambientali del trasporto e dei processi di produzione, di applicazione e di utilizzo.

Questo esame permette una reale valutazione dei costi dei materiali: infatti, non sono i prodotti bioecocompatibili a costare di più, sono gli altri che hanno prezzi troppo bassi, perché nella valutazione non prendono mai in considerazione, sia i costi ambientali che si devono affrontare (quelli che poi ripaghiamo tutti con la nostra salute e con i problemi di inquinamento o smaltimento), sia i costi di utilizzo, in termini di riduzione dei consumi di energia e di risorse, riparabilità, versatilità e, soprattutto, di durabilità nel tempo del materiale o prodotto impiegato.

Pertanto, i 25 principi della bioedilizia sintesi del lavoro condotto dal gruppo Gesundes Bauen – Gesundes Wohnen pubblicato in Germania a partire dal 1975 sono: